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L'incanto della Badia di San Salvatore e San Lorenzo a Settimo
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L'incanto della Badia di San Salvatore e San Lorenzo a Settimo

Il viaggiatore che percorre le strade della cosiddetta "zona industriale" di Scandicci è sicuramente ignaro dei secoli di storia che lo circondano. La "Piana di Settimo", ovvero il territorio alla sinistra dell'Arno, fra il fiume e il tracciato dell'antica via Pisana, ha una propria evoluzione intimamente connessa, pur senza mai perdere le proprie caratteristiche né, almeno in certi periodi, una relativa autonomia, a quella di Firenze. Sicuramente la presenza di massima importanza storica, culturale, politica ed economica dell'area fu per secoli costituita dall'abbazia di Settimo le cui memorie rispecchiano vari secoli di storia fiorentina, nel cui ambito essa e i suoi monaci giocarono a lungo un ruolo fondamentale. Nella seconda metà del X secolo la Badia esisteva già tra i domini di quei potenti signori di origine longobarda che da Cadolo presero il nome di Cadolingi, e che estendevano la propria autorità su gran parte del territorio sulla riva sinistra dell'Arno, dalla pianura di Settimo fino alla Lastra, Fucecchio ed addirittura la piana lucchese.

 


Sulla fondazione della Badia mancano notizie certe e forse più che ai documenti occorre ricorrere alla tradizione. Questa narra che presso un oratorio dedicato al Salvatore, dipendente dalla Pieve di San Giuliano ed ubicato nel piccolo borgo corrispondente all'odierna Badia a Settimo, esisteva una piccola comunità religiosa. Essa si sarebbe stanziata presso un antico edificio, forse un tempietto pagano, adattandolo al proprio servizio. La prima comunità di Settimo richiamò presto la generosità di benefattori: nel 988 il marchese Bonifazio della famiglia dei Cadolingi concedeva in suo favore i diritti che egli aveva su due chiese: S. Martino alla Palma nel plebato di Settimo e San Donato a Lucardo; dieci anni dopo, nel 998, l'Imperatore Ottone III la prese sotto la sua protezione, vietando a chiunque di recar danno o molestia, pena l'esborso di cento libbre d'oro. Ma fu il conte cadolingio Lotario, nel 1004, a trasformare l'oratorio in monastero, introducendo i benedettini cluniacensi, da Cluny, piccolo villaggio nella Borgogna, in Francia, dove si era sviluppato fin dagli inizi del X secolo un imponente Ordine religioso.

 


Il complesso della Badia a Settimo visto da settentrione


La prima parte della storia del monastero si identifica dunque con la concezione di vita spirituale e materiale di quest'ordine di monaci , il cui modello (S. Benedetto da Norcia) insegnava a pregare, ma anche a lavorare. Nel settore agricolo i monaci infatti svolsero un opera importantissima: costruirono una fitta rete di canali per il defluvio delle acque stagnanti, rendendo fertile un territorio altrimenti malsano e improduttivo. La loro abitudine di affidare a terzi, cioè al contadini del posto, la coltivazione delle proprietà che ricevevano in donazione dai fedeli, favorì l'insediamento nel nostro territorio di numerose famiglie, che formarono quindi una popolazione in crescente aumento. Per quanto riguarda l'attività culturale, furono loro ad iniziare la raccolta di testi liturgici, teologici, filosofici ecc. che costituirono il primo nucleo della biblioteca divenuta poi famosa. Intanto i possedimenti del monastero si allargavano sempre più grazie a cospicue donazioni. Nel 1048, per citarne una, Guglielmo detto il Bulgaro, figlio di Lotario cedette il feudo dello Stale. In questo modo la Badia entrò in possesso di quasi tutto l'Appennino, dalla Futa al Giogo, nonché dei terreni verso la pianura. Anche l'Imperatore Guglielmo II accordò ricchi privilegi. Nel 1060 all'abate Guarino, che condusse il monastero alla lotta contro il capo della chiesa locale (il vescovo fiorentino Ildebrando, manifestamente concubino), successe l'abate Ugo, sospettato di simonia e quindi allontanato dall'intera comunità appoggiata dai Cadolingi. Fu proprio il conte Guglielmo a fare offerta del monastero a Giovanni Gualberto, fondatore dei Vallombrosani.

Con Giovanni Gualberto i monaci di Settimo entrarono apertamente in lotta con la chiesa fiorentina, additando il vescovo Pietro Mezzabarba come eretico e simoniaco, lotta culminata con una famosa prova del fuoco, ordalia consistente nel far camminare l'imputato, o altra persona designata, tra le fiamme: se rimaneva illeso, veniva proclamato innocente, viceversa colpevole. Si designò per tale prova un monaco di nome Pietro Aldobrandini. Come luogo fu scelta la Badia di Settimo. Era il 13 febbraio dell'anno 1068: il religioso riuscì a passare incolume su un tappeto di braci ardenti fra cataste di legna infuocate; si gridò al miracolo, interpretandolo come una conferma della colpevolezza del Mezzabarba. Il monaco Pietro da quel giorno ebbe l'appellativo di Igneo. Settimo usciva così dalla lotta antisimoniaca con un ruolo da protagonista e con una fama grandiosa che improntò di sé tutta la successiva riforma gregoriana . All'inizio del XII secolo la Badia a Settimo si presentava dunque come una potente istituzione. In tutto il territorio limitrofo i possedimenti vennero ampliati permettendo al monaci di vivere autarchicamente: le colline erano fertili di olivi, di vigne, di grano, in pianura abbondavano anche gli ortaggi e gli alberi da frutta. I Cluniacensi alternavano la copia e lo studio dei codici alla gestione, da tutti i punti di vista, del crescente territorio di loro pertinenza. Questi i ricordi più lontani e più importanti: quelli che riassumono il primo periodo dell'esistenza della Badia sotto il dominio della famiglia dei Cadolingi.

Ma il momento che segnò una decisiva e plurisecolare ascesa della Badia fu il 1236, quando Papa Gregorio IX l'affidò ai Cistercensi. Le ricchezze avevano allontanato i Cluniacensi dall'ideale monastico; inoltre si erano acuite le difficoltà con il clero secolare della Pieve di S. Giuliano; il numero dei monaci era esiguo e venivano trascurate quasi completamente le vocazioni. Tutto ciò giunse alle orecchie del Papa che così dette ordine di allontanare gli antichi proprietari e, con una serie di bolle, prese sotto la propria diretta protezione il monastero, i suoi possessi e le chiese dipendenti. L'arrivo dei Cistercensi a Settimo non fu avvenimento di poco conto e segnò una netta svolta nella vita dei monastero. Essi vi portarono tutta quella attività vigorosa che era nelle costituzioni del loro ordine, riaffermando i punti fondamentali della regola di S.Benedetto: solitudine, povertà, lavoro manuale e rinuncia ad attività con fini solo al guadagno. Per quanto riguarda la parte architettonica, si dimostrarono molto rispettosi dei loro predecessori: non distrussero nulla della primitiva Badia conservandone le parti essenziali, semplificate e trasformate però secondo le nuove esigenze di vita comunitaria.

L'Abate Jacopo, succeduto a Forese de' Foresi, arrivato da San Galgano presso Siena, incrementò ancor più l'antico prestigio della Badia: investì molti denari in pescaie, porti, attracchi, mulini; il mercatale di Signa passò a Settimo. Nel 1294 troviamo alla Badia, con la carica di procuratore, ser Petraccolo di San Parenzo dell'Incisa, il notaio padre di Petrarca. Agli inizi del XIV secolo la reputazione dei frati di Settimo era tanto solida che la Repubblica fiorentina non solo accordò loro la più grande protezione, ma si avvalse anche della loro opera, della loro esperienza e dei loro consigli. Nel 1308, un incarico di grande prestigio venne assegnato ai conversi della Badia: la custodia del sigillo della Repubblica, ossia il segno che rappresentava giuridicamente, in tutte le sue manifestazioni di volontà, l'autorità dello Stato. E' questo il periodo in cui i nostri monaci divennero i pagatori delle maestranze durante la costruzione del Palazzo della Signoria, delle mura a Porta San Gallo e a Sant'Ambrogio, del rifacimento del ponte a Signa. Per un certo periodo ad un monaco della Badia fu addirittura affidato il compito di far da guardiano ai leoni che Firenze, quali simboli del suo prestigio e della sua grandezza, allevava in carne ed ossa.

Nel 1326, durante la lotta tra le fazioni che dilaniavano Firenze, Castruccio Castracani rilasciò un salvacondotto ai monaci di Settimo e ai coloni da loro dipendenti: essi avrebbero potuto attendere ai lavori dei loro campi purché non avessero intralciato le azioni belliche dei suoi soldati. Ma la protezine dell'uomo d'armi non risparmiò al contado incendi, saccheggi, e danni allo stesso monastero. Nel 1333 l'Arno invase la piana di Settimo e tutti i dintorni di Firenze. I monaci servendosi di terra, di cotto e di calcina cominciano a prendere l'abitudine di costruire i bastioni che con le necessarie aperture e cateratte si sforzarono per secoli di ostacolare l'impeto del fiume. Poi nel 1348 venne la peste, ma a Settimo non fece danno: forse l'arte delle erbe, tramandata e praticata dal monaci offrì difesa. Nel 1370 iniziarono i lavori per rafforzare i sistemi di difesa della badia, troppo spesso esposta a scorribande e razzie. Il Gonfaloniere dette ordine che gli uomini del piviere di Settimo lavorassero alla costruzione del fosso e delle mura: in caso di necessità, non solo vi avrebbero portato i loro beni, ma anche le loro famiglie. Purtroppo né le opere né le armi di cui i monaci erano forniti riuscirono ad evitare assalti e saccheggi, come quello del 1378 in occasione del tumulto dei Ciompi che prese di mira monasteri e conventi ritenuti rifugio delle ricchezze dei potenti. Il secolo XIV per Badia a Settimo non terminò in quello splendore che aveva accompagnato fino ad allora la sua esistenza, il nuovo secolo già preannunciava grossi cambiamenti. L'artigianato fiorentino era sempre più in espansione, la richiesta di mano d'opera creava molte ripercussioni anche in campagna. Nella piana di Settimo, come in tutto il contado, le famiglie più numerose si dividevano, la gioventù si trasferiva in città. L'agricoltura subì perciò una flessione e la Badia né risentì. l'abate Felice da Perugia cercò di ricorrere ai ripari attraverso nuovi contratti di affitto più favorevoli verso i sottoposti e si vendettero terreni che altrimenti sarebbero rimasti incolti. Nel 1461, grazie ad ulteriori lasciti e donazioni, i monaci iniziarono il riadattamento del monastero ed ulteriori lavori che avrebbero impresso a quest'ultimo e alla chiesa i caratteri rinascimentali. Filippo Brunelleschi (direttamente o indirettamente) e la bottega dei della Robbia furono chiamati all'opera di decorazione della chiesa e del convento. Anche i rapporti con parroci vicini vennero ben impostati: la rettoria di S. Colombano era ormai completamente indipendente dal monastero, S. Martino alla Palma e S. Lorenzo a Settimo, pur mantenendo il ruolo di chiese manuali, mantennero relazioni valide a rafforzare la vita parrocchiale dei due popoli.

Nel XVI secolo nuovi avvenimenti coinvolsero la Badia. In Italia c'era sentore di guerra. Nel 1529 le truppe dell'Imperatore Carlo V posero l'assedio alla città di Firenze, rendendo così operante l'accordo tra l'imperatore e il pontefice Clemente VII, che voleva insediare al potere in Firenze la sua famiglia: quella dei Medici. L'assedio costrinse i fiorentini a chiudersi in difesa, ma prima fecero terra bruciata del territorio circostante per sottrarre ripari al nemico. La Badia che si era salvata dai fiorentini venne presa d'assedio dalle truppe imperiali. Furono saccheggiati i granai, danneggiata la chiesa, bruciati centinaia di volumi e preziosi manoscritti, fu talmente danneggiata da non doversene riprendere più. Anche se altre cause vi concorsero si può affermare che la caduta della Repubblica segnò la decadenza del monastero. Il crollo non fu immediato perché la Badia visse ancora momenti di grande prestigio, basta infatti ricordare che i Medici affidarono ai monaci di Settimo la mansione di custodi delle Borse delle Tratte ma, cambiate le condizioni storiche ed economiche, il declino fu lento e irreversibile. Nel 1531 il Papa Paolo IV concesse all'Abate di Settimo, e alla maggior parte dei religiosi di risiedere in Cestello lasciando nel monastero solo pochi monaci. Intanto i molteplici possedimenti diventarono oggetto di vendite forzate e quindi meno redditizie: gradualmente poderi e case passarono a privati, decimando le antiche ricchezze.

Nel 1622 i frati dovettero lasciare anche il convento di Cestello per trasferirsi in quello degli Angeli a Porta S. Frediano. Nel frattempo il monastero di Settimo richiedeva sempre più urgenti restauri: cadevano le mura lungo i fossati, alcuni saloni, e, anche la chiesa, seppur arricchita nel 1639 dell'altare maggiore, necessitava interventi urgenti. Ma siamo ormai giunti alle battute finali del monastero. Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana, nel 1783, con moto proprio, ordinò l'allontanamento e la soppressione dell'ordine Cistercense. Con il provvedimento, due chiese, tra le altre, diventarono parrocchiali: San Martino alla Palma e San Lorenzo a Settimo: quest'ultima venne trasferita nella chiesa di Badia col titolo SS Lorenzo e Salvatore a Settimo, riducendo la vecchia chiesa di San Lorenzo a camposanto.  Con tale documento, la Badia a Settimo, come centro monastico, grande istituzione politica, culturale ed amministrativa, cessava la propria attività, lasciando ai posteri il compito di raccontare la sua storia.

 

 

 

Arcidiocesi di Firenze
Parrocchia Abbazia di San Salvatore e San Lorenzo a Settimo
Scandicci - Firenze

 

 

Note informative sulla Comunità Parrocchiale di Badia a Settimo e sul contesto pastorale-territoriale in cui è inserita


Il paese di Badia a Settimo, posto nel territorio dell'omonima Pieve, si è formato via via, a partire dal secolo X, intorno all'Abbazia in riva d'Arno da cui prende il nome. Le famiglie che lo abitarono, i cui cognomi ancor oggi sono in parte gli stessi del medioevo (es. Dolfi, Fallani, Grossi, Mecocci ecc.) vissero delle attività lavorative collegate all'opera dei monaci: coltivazione delle terre, pesca fluviale, artigianato. Il territorio controllato dalla Badia si estese fino ai confini con Bologna e da essa dipendeva anche una parte di un quartiere fiorentino, S. Frediano, dove i monaci costruirono il Nuovo cestello e l'omonima chiesa; dipendenze erano anche S. Martino alla Palma, S. Colombano, S. Lorenzo parrocchia, S. Stefano a Ugnano, Mantignano, S. Donnino. Con la sventurata soppressione di Pietro Leopoldo l'abbazia fu smembrata in due parti e iniziò un periodo di decadenza per tutta la zona fino ad allora così sapientemente coltivata e custodita. Il paese si ritrovò pian piano a chiudersi in se stesso per giungere alle soglie del terzo millennio senza quasi più consapevolezza della sua identità. La metà del monastero in cui fu trasferita la sede e il titolo parrocchiale di S. Lorenzo, che si aggiunse a quello più antico di S. Salvatore, rimase in mano ecclesiastica e così una parte fondamentale di questo patrimonio si è potuta conservare fino ad oggi ed è stata riportata a nuova vita con i restauri iniziati nel 1995, e soprattutto le iniziative della comunità cristiana locale, ma ancora troppo grande è la ferita per la privazione della gran parte restante del complesso che ora giace in oblio dopo alterne vicende, avendo la Parrocchia grave carenza di spazi per le proprie attività pastorali e sociali.

Il territorio e la popolazione attuale: l'urbanizzazione del XX secolo ha stravolto l'antica fisionomia dei luoghi (solo una piccola zona verde intorno all'Abbazia è stata salvata con grande sforzo di impegno civile grazie al vincolo della legge 1089 del 1939) e il cemento assedia Badia da ogni parte. Tale fenomeno negativo per la qualità delle realizzazioni architettoniche è stato invece positivo per l'incremento della popolazione residente per la maggior parte di immigrazione (di area locale e di altre regioni), anche se fra paese vecchio e zona nuova non si è ancora realizzata a pieno l'integrazione auspicata, alla quale peraltro ha dato un fortissimo contributo la comunità cristiana con la sue iniziative di più ampio respiro e anche altre associazioni del territorio. Gli abitanti sono circa 3.500 con una ulteriore tendenza che si stabilizzerà nei prossimi 5 anni sui 5.000 a causa dei nuovi insediamenti previsti dal piano regolatore. Sulla zona gravano purtroppo seri problemi ambientali a causa di strutture di pesante impatto come la superstrada, l'autostrada, il sorvolo degli aerei, lo stravolgimento del sistema idrico e geologico causato dallo sviluppo incongruente, una viabilità insufficiente e irrazionale, problemi ai quali il Comune di Scandicci sta cercando di porre rimedio anche in considerazione di un recupero del Complesso monumentale che è meta di sempre più numerosi visitatori e turisti, ma con ancora scarsi risultati visibili.

La Parrocchia: La guida della Comunità è il Parroco (Priore ed Abate attuale Don Carlo Maurizi) il solo sacerdote stabilmente presente, ma talvolta qualche altro confratello è disponibile per un aiuto nella celebrazione delle messe in casi di necessità. Una presenza viva, orante e fraterna è costituita dalle suore Francescane Elisabettine di Padova, presenti da otre 50 anni, attualmente sono sei e collaborano anche con particolare sensibilità nella pastorale della Carità. Il Consiglio pastorale, articolato in vari gruppi di servizio è di valido sostegno alla dinamica comunitaria, ma ancora la partecipazione e l'assunzione di responsabilità sono insufficienti rispetto alle prospettive possibili. Tuttavia forte in varie espressioni è lo spirito e il senso comunitario e di famiglia che si vive. Numerosi sono i catechisti anche giovani - e per i giovani vi sono varie opportunità di impegno e crescita (incontri formativi, ritiri periodici, coro, attività teatrale, cultura, valorizzazione della storia e identità del luogo, arte). Il centro effettivo di tutta la vita della Parrocchia è ed è sempre riproposto il Giorno del Signore, nonostante lo stile della società che non sempre lo favorisce. All'assemblea domenicale la frequenza è di circa il 15% mentre raggiunge punte del 70-80% a Natale e Pasqua. La Comunità cerca di vivere aperta ai problemi del territorio a accoglie ogni forma di proposta e collaborazione in tal senso. anche in prospettive più allargate. A tal scopo è nata un'Associazione Culturale di Volontariato "Abbatia Sancti Salvatoris de Septimo"( "Amici della Badia di Settimo") che opera da alcuni anni e raccoglie la partecipazione di molti anche al di fuori dell'ambito strettamente parrocchiale, gestendo varie iniziative culturali e sociali durante tutto l'arco dell'anno. Emerge l'esigenza di fare di più per il coinvolgimento di adulti e famiglie e in questo senso si stanno approntando anche iniziative che favoriscano l'incontro e la fraternità: la catechesi per gli adulti ben avviata necessita di un continuo rilancio anche per favorire la partecipazione ai gruppi di ascolto che tendono sempre a subire momenti di stanchezza.

Situazione sociale ed economica: il tenore di vita è medio-alto per la maggior parte con delle situazioni di povertà e disagio riguardanti famiglie e singoli soli residenti nella zona di edilizia popolare più recente. La sensibilità ad azioni di solidarietà economica è generalmente scarsa e questo si ripercuote anche sulla contribuzione alle necessità di gestione delle opere parrocchiali. I membri del consiglio pastorale sono più sensibili ma comunque in questi anni per far fronte alle ingenti spese per l'adeguamento e il restauro di tutti gli ambienti che l'attuale Parroco al suo ingresso trovò fatiscenti, si è dovuto ricorrere a non poche iniziative con grande impegno e ricorrendo, per la maggior parte dei contributi necessari ai complessi restauri, al contributo dell'Ente Cassa di Risparmio di Firenze che ha compreso l'importanza di questo patrimonio per la storia e la cultura fiorentine. Il Fondo Comune Diocesano ha contribuito a tutto ciò fino ad ora nella misura di circa il 10%.

Ricorrenze importanti caratteristiche del luogo: La Processione della Madonna del Rosario e di S. Quintino (prima Domenica di Ottobre) preceduta da varie stazioni di preghiera nelle zone del Paese; la Processione del Corpus Domini; la Festa di S. Pietro Igneo con la rievocazione della Prova del Fuoco e il Corteo Storico (terza Domenica di Settembre) di recente istituzione e con grandissima affluenza da ogni parte della provincia. Prospettive: con l'incremento della vita comunitaria e l'auspicato recupero integrale dell'Abbazia, sviluppando un progetto spirituale culturale che armonizzi le varie risorse personali e i carismi già attivi, Badia a Settimo ha la possibilità di diventare il centro propulsore di spiritualità e l'elemento simbolico unificante per tutta la realtà disgregata della Piana di Settimo, oltreché costituire una riserva di identità indispensabile per la realtà ecclesiale e sociale, nonché uno spazio adeguato per il fraterno convenire anche a livello Diocesano.

Orari SS Messe
Domenica e festivi ore 7.30 e 11.00 (esclusi luglio e agosto) - feriali e prefestivi: ore 18.00

 

 

 

 

SALVA L'ABBAZIA DI S.SALVATORE E S.LORENZO A SETTIMO!!!

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L'ABBAZIA DI S.SALVATORE A SETTIMO HA QUASI 1200 ANNI. FU SMEMBRATA NEL 1783 E PIU' DELLA META', TUTTORA NON VISIBILE,
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 Abbazia di S.Salvatore e S.Lorenzo a Settimo
 Via S.Lorenzo 15 50010 Badia a Settimo - Scandicci- Firenze
 Fondazione "Opera della Badia di Settimo" Onlus - Associazione Amici della Badia di Settimo
 Tel e fax:  055-7310537    cell:  377-9534924    Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.    www.badiadisettimo.it

 

 

 

 

Autore

Carlo Maurizi

 

 

 

 

 

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