Nella polifonia di conversazione conviviale, il simposio sinfonico di colore, di tono e di forma, riecheggiando con la maestà di un dialogo di Giambattista Gelli dappertutto il teatro della vita civica, il grande dramma della perfezione artistica di Firenze germoglia ed emerge con il furore di un fuoco, fervente come il mitico Marzocco, crescendo e fiorendo come una vera e propria oasi: esposto come una cima alta della montagna alla precipitazione di correnti rivali, è questo tumulto delicatamente equilibrato del patronato.
Il patronato nel clima umanistica della città, ha sempre irrigato la sua florida fioritura – il quale indicato altrove nella osservazione del grande uomo di lettere ed architetto del Palazzo Strozzi, Simone del Pollaiolo, detto affettuosamente il Cronaca, “molti principi hanno guadagnato un’alta fama dalle loro associazioni fortuiti con i grandi artisti.” Ivi, troviamo un paesaggio che da un lato risale nel passato antico, e dall'altro sta sempre scomparendo oltre l'orizzonte di progresso ed innovazione, in cui il patronato diventa il percorso ardentemente a grandi passi in tutta; così la cultura di Firenze si forma questa oasi, questo giardino splendido come il Boboli, il quale è animato dal chiaroscuro della bellezza e la potenza, sotto il sole della libertà. Come un grembo in attesa della rinascita, il terreno di questo giardino paradisiaco si stavo riposando in sospeso, una dimora dormiente, echeggiando silenziosamente le scosse della memoria distante; l'ombra del patronato emergendo ed illuminando il terreno da un sogno quasi dimenticato dell'antichità, le origini antiche romane di Firenze: come il grande oratore Cicerone ha elogiato la virtù civica di “Clientela” come un pilastro che sorregge il grande edificio della società, ed il “patrocinium” come un fascio di sostenere il tetto sopra del bene comune della repubblica - ereditata, egli sosteneva, da Romolo se stesso; così, allo stesso modo, dal terreno fertile della neonata Florentia, alimentato dall'abbondanza del maestoso Arno, e dall'abbondanza di attività commerciali con i commercianti provenienti dall'oriente, scoppiano i primi germogli della cultura – l’effetto di questi dolori crescenti è evidenziato più eloquentemente nella bellezza delle antiche chiese dedicate alla Felicità ed il diacono Lorenzo. Ahimè, mentre ai primi passi della sua primavera, la fuga precipitosa fragorosa della storia, come un vento gelido, irrompe e calpesta la terra sotto la forma della guerra gotico-bizantina.
Tuttavia, come il sole della libertà irrompe dalle nuvole, così lo spirito umanistico come la fenice risorge dalle ceneri della storia. È questa fenice che diventa il fuoco, la culla del Rinascimento, le cui scintille stridenti vengono lanciati nel modo spettacolare, illuminando tutto il mondo occidentale - la rinascita che diventa una nuova primavera per la potenza del patronato. Inoltre, le prime grandi pionieri dell'umanesimo fiorentino hanno dipinto un nuovo vocabolario per il patronato; il suo affresco di mille colori adorna le pareti di chiese e palazzi dappertutto la città: la sua etica è diventata una virtù morale, la responsabilità per nutrire lo sviluppo culturale per tutti I cittadini. Qui, allora, il splendido giardino della perfezione artistica si diventa un palcoscenico teatrale; le correnti climatiche rivali che lo circondano diventano protagonisti della pietà e del potere. Da un lato, l'aria di intensità religiosa è soffusa in tutta questa grande oasi culturale: le lacrime di devozione pianse dai discepoli del Savonarola, i Piagnoni, cascano sul suo terreno fertile come la rugiada, coltivando i colori di Bartolomeo della Porta, Lorenzo di Credi e Botticelli; mentre, d'altra parte, la fragranza florida dei fiori della scuola di San Marco - come il Beato Angelico e Benozzo Gozzoli - e poi la scuola della Santissima Annunziata – ad esempio, i membri della Compagnia di San Luca - si alza verso l'alto etereo come il respiro di lode.
Eppure, questa rugiada nutriente all'interno dei chiostri e conventi diventa un vero e proprio torrente, un effusione di edificazione, nella sua transizione alle piazze ed i palazzi della città - nel dominio del potere secolare. La valuta del umanesimo civico è stata sempre il bene comune; la grande oasi di perfezione artistica è stata resa accessibile per tutti i cittadini attraverso la carovana dell'autorità politica: dall’inizio di Firenze comunale, le Arti di Firenze hanno riconosciuto il loro ruolo come agricoltore e custode di questo grande giardino, come, ad esempio, l'Arte della Lana è stata responsabile per il Duomo, e la Calimala è stata responsabile per il Battistero, collaborando quindi con personaggi illustri come Arnolfo di Cambio, Lorenzo Ghiberti e Filippo Brunelleschi. Tuttavia, il giardino ha ricevuto il suo custode più visionario e dinamico nella forma della dinastia dei Medici. Qui, la famiglia coltiva ogni forma di fiore, e sempre più ricercano armonia compositiva tra di loro; il disegno questo grande giardino di perfezione artistica ha subito trasformazioni, entrambi suscitando dalla terra immagini dell'antichità classica, ed allo stesso tempo importando i materiali nuovi ed esotici, gettando così le basi per la modernità estetica - come, ad esempio, nella meravigliosa ‘Cavalcata dei Magi’ di Gozzoli nel Palazzo Medici Riccardi – una benificenza che si stende e raggiunge coraggiosamente attraverso i secoli come la zampa del grande Marzocco, elogiata eruditamente nella famosa biografia di Cosimo il Vecchio dal grande cronista umanistico, Vespasiano da Bisticci, ed eco poi nel commento del Vasari del suo patrono, Cosimo I: “…non dirò di me altro, se non che per grandi e d’importanza che sieno state le cose che ho messo sempre innanzi al duca Cosimo, non ho mai potuto aggiugnere, non che superare la grandezza dell’animo suo.”
Allora, non è illuminante che il più grande esemplare di questa fioritura fiorentina attraverso la clima creativa del patronato è il meraviglioso Giardino di Boboli? In ciò, troviamo un’intera società estetica in microcosmo: all'ombra del formidabile Palazzo Pitti, una prima pietra per l'autorità paterna della Signoria, vediamo il grande anfiteatro, una culla di bellezza, circondato da accenti dall'antichità, come I monumenti antichi romani e l'obelisco dell'antico Egitto; mentre, allo stesso tempo, gli elementi di disegno innovativo, come ad esempio i vasti spazi aperti, che rappresenta la responsabilità per il progresso e la nuova crescita che ha caratterizzato il patronato della città. Così, alla fine, la grande fioritura della oasi di Firenze, il chiaroscuro di bellezza e potenza, testimonia il suo fondamento divino, cioè il sole della libertà - ha fatto eco nella conclusione del grande fiorentino, Giovanni Villani: “Firenze fu il centro di una così grande cultura perché fu la sede delle maggiori libertà che erano allora possibili.”
Autore
Oliver Hickman