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L'origine della faida fiorentina tra Guelfi e i Ghibellini
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L'origine della faida fiorentina tra Guelfi e i Ghibellini

Originariamente, l'opposizione tra Guelfi e Ghibellini è quella tra i duchi di Baviera e la casa imperiale degli Hohenstaufen. Per opposizione sistematica all’imperatore, i duchi di Baviera prendono parte alla “lotta delle investiture”, nel 1059, a fianco di papa Nicola II. Come lui, considerano che il diritto di nominare i vescovi tocca al papa. Enrico IV, non riuscendo a far destituire il papa, viene scomunicato, ma chiede ed ottiene il perdono a Canossa. Il conflitto tra papi ed imperatori, però, continua fino al 1122, quando viene chiuso dal concordato di Worms.

  


I termini hanno un'origine precisa. Dal nome del castello dinastico degli Hohenstaufen, Waiblingen, si dà nome ai Ghibellini o Gibelins in francese. Dal cognome dei duchi di Baviera, Welf, viene quello di Guelfi o Guelfes in francese. Per estensione, le città ed i comuni che prenderanno parte contro l’imperatore, indipendentemente dalla ragione per quale lo fanno, saranno chiamati Guelfi. Ma poi, le cose si complicano ancora. In un primo tempo insieme contro l'imperatore per guadagnare la loro autonomia, i comuni arrivano ben presto ad affrontarsi, per questioni di politica esterna o interna. All’interno delle città, forti rivalità tra famiglie finiscono anche per opporre guelfi e ghibellini. Firenze fu governata un po' da Guelfi ed un po' da Ghibellini, ma la tendenza generale e la vittoria finale fu guelfa. All'inizio del XIV secolo, eliminati i Ghibellini, la fazione guelfa si divide a sua volta, secondo il ruolo che si vuole assegnare al papa nella città. I Guelfi Bianchi sono ostili a un’ egemonia pontificale troppo segnata, i Guelfi Neri, invece, vi sono più favorevoli. Queste scissioni corrispondono alle rivalità tra famiglie, alle quali fungono tanto da pretesto quanto da motore. 
 


Dal 1251 il giglio guelfo rosso sarà stabilmente il simbolo di Firenze sebbene esso venisse già usato come insegna dai fiorentini
già alla prima crociata. I colori attuali risalgono però alla metà del XIII secolo quando i Ghibellini, in esilio da Firenze, continuavano
a ostentare il simbolo di Firenze, giglio bianco su campo rosso, come proprio. Fu allora che i Guelfi che controllavano la città,
si distinsero dai propri avversari invertendo i colori che son rimasti gli stessi fino ai giorni nostri.

 

Il migliore esempio è quello del "Convito" del 1216. Due consorterie, ovvero due gruppi di nobili legati da parentele e relazioni di clientela, fanno sfociare un litigio privato in conflitto politico, in modo da sfuggire alle sanzioni. Un matrimonio, previsto originariamente per ravvicinare due famiglie rivali, i Fifanti-Amidei ed i Buondelmonti, va a monte: il futuro sposo preferisce, all'ultimo minuto, contrarre un'altra alleanza matrimoniale. Per vendicarsi, la famiglia della sposa lo farà uccidere il giorno di Pasqua. Con il gioco delle alleanze tra i vari clan e consorterie, il conflitto familiare finisce col coinvolgere tutta la società nobile fiorentina.
 

 
Corso Donati, guelfo nero, rientra vittorioso in città prevalendo sui guelfi bianchi

 

La vita di Buondelmonte dei Buondelmonti

Appartenente alla nobile famiglia dei Buondelmonti, originaria del contado fiorentino e trasferitasi in città quando Firenze distrusse, nel 1135, il castello di famiglia, Buondelmonte era fidanzato con una fanciulla di casa Amidei (la casa di che nacque il vostro fleto), ma, su istigazione di Gualdrada Donati, abbandonò la fidanzata per scegliere una sposa in casa Donati. Da questo episodio, ricordato da Dante nelXVI canto del Paradiso), nacquero le discordie in seno alla città di Firenze.
 


Stemma della famiglia Buondelmonti


Gli Amidei decisero di vendicare l'affronto subito e il giorno di Pasqua del 1216, insieme ad alcuni alleati, attesero il passaggio di Buondelmonte in piazza del Duomo per assalirlo e ucciderlo a colpi di mazza e di pugnale. Poiché il governo cittadino, che avrebbe dovuto perseguire i colpevoli di tale atroce delitto, era fedele all'imperatore Ottone e, quindi, di "Parte del guelfo", gli Amidei e le famiglie a loro alleate, per sottrarsi alle sanzioni, elevarono le discordie private a fatti di interesse comune, gettandosi nella lotta politica e mettendosi dalla parte della casa di Svevia con il nome di "Parte del ghibellino".
 

 
Durante di Alighiero degli Alighieri detto Dante



L'omicidio di Buondelmonte è considerato, a torto o a ragione, un evento molto importante della storia medioevale di Firenze. Fu uno degli avvenimenti che letterati e storici dell’epoca riportarono maggiormente, poiché questo assassinio avrebbe rappresentato il pretesto iniziale delle lotte tra Guelfi e Ghibellini. La discordia tra fazioni portò sangue e distruzione e sottolineò uno dei periodi più difficili della Città Gigliata, superati a stento, correndo il rischio materiale di essere completamente distrutta. Proprio questa ampia gamma di fonti storiche antiche e contemporanee ci garantiscono la possibilità di non allontanarsi troppo dall’evento tradizionalmente ritenuto attendibile. Perciò, con mia grande soddisfazione, ricostruirò il luttuoso accadimento, dalle premesse iniziali fino al fatto compiuto, lavorando, per quanto possibile, con le sole fonti storiche. Ci trasporta dentro l’oscuro evento Dante Alighieri attraverso le sue splendide terzine che raccontano sanguignamente questo avvenimento. Dante mette in bocca al suo avo Cacciaguida le terzine che svelano l’assassinio:


La casa di che nacque il vostro fleto,
per lo giusto disdegno che v’ha morti,
e puose fine al vostro viver lieto,

era onorata, essa e i suoi consorti:
o Buondelmonte quanto mal fuggisti
le nozze sue per li altrui conforti!

Molti sarebber lieti che son tristi,
se Dio t’avesse conceduto ad Ema
la prima volta ch’a città venisti

Ma convìesi, a quella pietra scema
che guarda 'l ponte, che Fiorenza fesse
vittima ne la sua pace postrema.


Nelle terzine iniziali Dante condanna pesantemente colui che era stato ucciso e di conseguenza la sua casata: "per lo giusto disdegno che v’ha morti". Ed ancora: "Molti sarebber lieti che son tristi, se Dio t’avesse conceduto ad Ema, la prima volta ch’a città venisti". L'Ema è un fiume della val di Greve che si doveva attraversare venendo da Montebuono, castello antico dei Buondelmonti, verso Firenze. La famiglia si era trasferita nella città fin dal 1135, ma probabilmente alcuni suoi membri erano rimasti nel contado, passando a Firenze solo in un secondo momento. Il Buti racconta che quando Buondelmonte vi si recò per la prima volta corse il rischio di annegare nell'Ema. Questa condanna stranamente rivolta all’assassinato era motivata dal fatto che il Buondelmonti aveva fatto un torto molto grave lasciando sull’altare la sposa promessa della casata degli Amidei, regole di rispetto convenzionali, rigide come le leggi del tempo e come dice lo stesso Villani: "E dogliendosi di ciò che messer Bondelmonte aveva loro fatto di vergogna, sì presono il maladetto isdegno". La vergogna, comeregolatrice sociale, sfocia nella necessaria vendetta, unico mezzo possibile per riscattare l’onore violato.

 

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