Friday, Apr 19th

Ultimo aggiornamento10:41:57 AM GMT

Error
  • Error loading feed data.

Storie di Firenze e di Fiorentini

La Simonetta di Botticelli

Lo sguardo sognante e lontano, le chiome bionde agghindate di nastri e ingioiellate di perle, e quel volto di giovane che ha la dolcezza dei tratti della Venere e della Primavera. Per la prima volta torna in Italia dal 1849, la tavola Ritratto ideale di fanciulla di Botticelli che raffigura la giovane donna identificata con Simonetta Vespucci, "regina di bellezza" amata - secondo il racconto di Vasari - da Giuliano dè Medici. Lo straordinario dipinto, che altri studiosi identificano con il volto idealizzato di una ninfa, arriva dallo Städel Museum di Francoforte, è al centro della mostra Pregio e bellezza - Cammei e intagli dei Medici, dal 25 marzo al 27 giugno ospitata al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti. Al collo della giovane, Botticelli ha dipinto un collier con un pendente famoso: il "sigillo di Nerone", cammeo che insieme ad altre 96 gemme fu uno dei pezzi più preziosi della collezione di Lorenzo il Magnifico. Esposto anche l'originale, una corniola rossa con l'immagine di Apollo e Marsia intagliata attribuita da Lorenzo Ghiberti a Policleto, prestito del Museo archeologico di Napoli, dove si trovano alcune gemme del tesoro mediceo, diviso tra il Museo archeologico di Firenze e la raccolta di Palazzo Pitti.

La rassegna documenta il collezionismo di gemme antiche e moderne con oltre 170 opere, una predilezione che i Medici svilupparono fin dal '400, acquistando incisioni su pietre dure e preziose romane, "facendone fare altre da illustri maestri intagliatori, piccoli capolavori a cui si ispirarono artisti come Ghiberti, Donatello e Botticelli" spiegano i curatori Ornella Casazza e Riccardo Gennaioli presentando, con la soprintendente Cristina Acidini, la storia di questo tesoro ricomposto attraverso opere provenienti da musei italiani e stranieri, tra cui un disegno di Leonardo giunto da Londra.

Gioielli rarissimi e in materiali preziosi, ricercati da principi, papi e cardinali "come segni di potere e prestigio, oltre che come benefici amuleti, da esibire e da mostrare con orgoglio ai visitatori accanto ad altre opere d'arte" osservano i curatori, sottolineando che il celebrato "sigillo di Nerone" fu acquistato da Lorenzo il Magnifico nel 1487 a Venezia, dalla collezione di papa Paolo II Bardo, famosa per riunire ben 800 gemme. Un itinerario di meraviglie e minuscole perfezioni, che si snoda dalla sala di Giovanni da San Giovanni al piano terreno di Pitti, tra vetrine in cui sono esposti cammei, pendenti di fattura unica, microcosmi di pezzi antichi, rinascimentali e settecenteschi, legati alla passione di Piero dè Medici per questo tipo di collezionismo, passata poi al figlio Lorenzo che arrivò da aggiudicarsi i pezzi più contesi dalle corti europee. Una mostra curiosa, raffinata, da non perdere, aperta fino al 27 giugno 2010.


Mara Amorevoli
http://fiorentininelmondo.it
http://firenze.repubblica.it
 

La "Bella Principessa" di Leonardo da Vinci

La “Bella Principessa” è un inedito capolavoro di Leonardo da Vinci (1452-1519), intitolato “Profilo della bella principessa” e realizzato intorno al 1490 è stato ritrovato ed attribuito. La mano di Leonardo in questa opera è stata identificata recentemente dal professor Vezzosi, opera da lui segnalata come “Profilo nuziale di giovane dama” e definita “inedita” in un libro. L'opera, (33cm x 23cm) è dipinta su tela a gesso, penna e inchiostro, fu erroneamente attribuita alla scuola tedesca del XIX secolo e appartiene al collezionista canadese Peter Silverman. Il direttore del Museo Ideale di Vinci ha assegnato il disegno su pergamena a Leonardo in base ''a un procedimento di analisi critica per evidenze, per esclusione e per confronto, basato su considerazioni storico-artistiche, tecniche ed estetiche, stilistiche e iconografiche, alle quali si sono aggiunti i risultati (di conferme e compatibilità) delle indagini scientifiche'', compresa l'identificazione di un'impronta digitale riconosciuta come dell'artista-scienziato del Rinascimento. Gli studi sono stati fatti in un laboratorio di Parigi e le immagini scattate da una supertecnologica macchina fotografica in grado di rivelare i differenti strati di colore, hanno stabilito che una delle impronte digitali presenti sul ritratto è molto simile a un'altra impronta del maestro italiano, ritrovata sul dipinto intitolato «San Girolamo» e custodito nei Musei Vaticani. Quest’ultima opera fu sicuramente dipinta da Leonardo nei suoi anni giovanili quando non aveva ancora alcun assistente. Anche la datazione al carbonio e l'analisi agli infrarossi della tecnica dell'artista confermerebbero che l'opera è di Leonardo. Infatti l'analisi al carbonio dimostra che il dipinto risale ad un periodo compreso fra il 1140 e il 1650 mentre, come hanno spiegati gli esperti, l'analisi a raggi infrarossi evidenzia significativi parallelismi stilistici con alcuni disegni di Leonardo conservati nel Castello di Windsor. Infine l'inchiostro e il gesso sono stati «usati» da una mano sinistra e il grande maestro italiano era appunto mancino. Noti studiosi e specialisti di Leonardo da Vinci (come Martin Kemp dell'Università' di Oxford e, pur con tutte le cautele, Carlo Pedretti dell'Università della California), hanno definito l'opera “La bella principessa” la più rara e significativa scoperta degli ultimi cento anni dopo quella della “Dama con l'ermellino”, avvenuta agli inizi del Novecento.

 
Filippo Giovannelli
http://fiorentininelmondo.it
http://firenzecuriosita.blogspot.com

 

La battaglia di Anghiari, ovvero "chi cerca trova"

Nella primavera del 1503 Cesare Borgia, per ricordare la vittoria della lega formata dalle repubbliche di Firenze e di Venezia contro lo Stato Pontificio, nella famosa Battaglia di Anghiari del 20 giugno 1440, commissionò a Leonardo Da Vinci un grande affresco da eseguire nell’allora Sala del Maggior Consiglio nel Palazzo della Signoria a Firenze, oggi conosciuto come ”Palazzo Vecchio”. Leonardo, probabilmente, eseguì la sua opera sulla parete est della grande sala e, per far in modo che l’affresco durasse nel tempo, utilizzò un’antica ricetta tratta dalle pagine di Plinio secondo cui, per far asciugare più in fretta la vernice, era necessario accendere una serie di fuochi davanti al dipinto. Nell’estate del 1505 Leonardo sperimentò la nuova tecnica. Fu una catastrofe. L’affresco si dissolse in mille rivoli e colò lungo la parete. Leonardo, scoraggiato dall’uso dei colori ad olio , per il tempo rivoluzionari, lasciò l’opera incompiuta e l’anno dopo rientrò a Milano. Mezzo secolo dopo, esattamente nel 1554, Cosimo I° De Medici incaricò Giorgio Vasari di affrescare le pareti della sala del Maggior Consiglio. Il Vasari fece di più: ne modificò l’architettura, rialzò il soffitto di sette metri e dipinse una serie di affreschi con scene di guerra, sei capolavori dedicati alla gloria di Cosimo De Medici, trasformando la grande sala in quello che oggi è conosciuto come il “Salone dei Cinquecento”. Sui resti della “Battaglia di Anghiari”, il Vasari dipinse “La battaglia di Scannagallo” e la grande opera di Leonardo scomparve per sempre nelle pieghe della storia e… nelle crepe del muro! Oggi dell’affresco non rimane alcuna traccia, se non una serie di piccoli disegni preliminari e alcune copie della scena centrale. Il Vasari, una volta completata “La battaglia di Scannagallo”, su di un piccolo angolo del suo affresco scrisse due parole: “Cerca trova”, che cosa aveva voluto dire? Forse un’indicazione per far sapere ai posteri, che sotto la sua opera si nascondeva uno dei capolavori del grande Leonardo e, che per trovarlo, era necessario cercarlo con grande pazienza? Proviamo ad immaginare cosa possa essere successo.


Firenze, ottobre 1997 – La disputa.
Il vecchio professore entrò nell’immenso salone. La curva figura si stagliò nel riquadro di luce del monumentale ingresso. Si fermò sulla soglia e, per l’ennesima volta nella sua vita, alzò gli occhi ammirando le pareti e il grande soffitto che avevano conosciuto il pennello di alcuni dei più grandi artisti del ‘500. Ma l’emozione più intensa era il sapere che, da qualche parte in quella sala, sotto uno di quegli affreschi, si nascondeva la più sfortunata opera del genio di Leonardo Da Vinci: “La Battaglia di Anghiari”. Il vecchio professore si avvicinò lentamente all’impalcatura montata a ridosso della parete est della grande sala, l’enorme ambiente amplificò a dismisura il picchiettare del suo bastone sul pavimento. Le quattro persone che stavano parlando in cima all’impalcatura, tacquero all’istante, conoscevano perfettamente quel rumore e, tutte le volte che lo sentivano, non potevano fare a meno di avvertire una certa inquietudine.
«È arrivato.» Borbottò il giovane professore scorgendo la figura ai piedi dell’impalcatura.

Read more...

Il "Sasso di Dante"

E’ ormai nota la supremazia di Dante Alighieri nel linguaggio del periodo storico in cui ha dato il meglio di se stesso, in letteratura fiorentina e italiana più in generale. I luoghi danteschi a Firenze sono assai noti per coloro che della cultura fiorentina e della storia dantesca hanno ormai dimestichezza e passione. Non sarà quindi sfuggita la più “famosa” delle storielle ed aneddoti che circolano intorno alla sua figura, che immagino tramandata per secoli così come in realtà è successa; non si badi alle parole ma al senso. Quindi, oltre ai conosciutissimi luoghi danteschi come il Battistero di San Giovanni, il Palazzo del Bargello, la Casa, la Chiesa di Santa Croce ecc… esiste il "Sasso di Dante".


Lo possiamo far riferire, come il luogo in cui il sasso esisteva, nella parte della piazza del Duomo in basso alla facciata di una casa, posta fra piazza delle Pallottole e via dello Studio. Si trovava nel luogo tra due attuali negozi ed è segnalato da una lastra di marmo corniciata, nella quale è scolpito a chiare lettere: “SASSO DI DANTE”. Questo sasso, si tramanda, fosse il luogo nel quale l'Alighieri solesse riposarsi e che nell’attesa guardasse la costruzione della Cattedrale. Si narra, a testimonianza dell’eccezionale memoria del sommo poeta, che un giorno mentre era seduto ed assorto nei propri pensieri sul solito sasso, passò di lì qualcuno e gli chiese:

- “Oh Dante, icchè ti piace di più da mangiare?"
- "l’ovo” – rispose Dante.

L’anno dopo, la stessa persona curiosa, ripassò di lì e ritrovò Dante ancora seduto sul suo sasso preferito, sempre assorto e pensieroso e gli chiese:

- “co’ icchè?”
- e Dante: “co i’ sale!”

La solita genialità dei fiorentini.

Filippo Giovannelli
http://fiorentininelmondo.it
http://firenzecuriosita.blogspot.com

Marchese Emilio Pucci di Barsento

Scrivere di Emilio Pucci, persona stimata e di grande personalità, richiede molta attenzione. Un uomo dalle molteplici attitudini, fiorentino da generazioni, nasce a Napoli il 20 novembre 1914 e fu l’erede della nobile casata dei Pucci, famiglia alleata dei Medici e molto potente nel corso dei secoli. Il Marchese Emilio Pucci di Barsento, studiò in gioventù negli Stati Uniti d’America e si Laureò in Scienze Politiche nel 1941. E’ stato deputato del Parlamento Italiano ed nella sua migliore condizione atletica fu anche sciatore professionista, entrando a far parte della squadra olimpica italiana nel 1934 e 1935. Proprio in Oregon dove risiedeva come studente iniziò la sua vera professione, lo stilista. La guerra lo riportò in Italia dove iniziò una carriere in Aviazione per il solo periodo di guerra. Grande amante della pittura, disegnò per un’amica una tuta da sci che venne realizzata e fotografata nel 1947 e pubblicata in una famosa rivista americana.  Ecco come iniziò la sua carriera, continuando dopo quell’episodico evento a disegnare abiti da donna, fino a poter aprire un negozio a Capri da cui decollò tutta l’attività. Ecco perché Emilio Pucci è stato considerato uno dei pionieri della moda italiana. La Maison Emilio Pucci e la residenza del Marchese è stata fondata e tutt’ora ha come sede il Palazzo di famiglia. A Firenze la famiglia Pucci è stata da sempre molto conosciuta e rispettata, fino ad avere nel proprio palazzo un inconfutabile segno d’appartenenza riflettendone la sua nobile origine: Marchese Emilio Pucci, Palazzo Pucci, Via de' Pucci 1, Firenze.
Nel corso della sua vita ha applicato le sue creazioni ai campi più disparati, ricevendo sempre ammirazione e riconoscimenti, grazie al suo stile fresco ed elegante. Molto popolare negli Stati Uniti, disegnò per esempio lo stemma per la tuta degli astronauti della Nasa od anche alcune divise per hostess e piloti, colorate e assolutamente diverse dalla linea moda del tempo. Si devono a lui anche le divise con i lunghi guanti bianchi dei Vigili urbani e gli elmetti ovali, così famosi a Roma e Firenze. Nel frattempo le attività di stilista si allargarono alla moda maschile, ai profumi, alla produzione di ceramica per la casa.
Suo figlio Alessandro, 11° Marchese di Barsento, morì in un incidente stradale nel 1998. Sua figlia Laudomia ha ereditato la direzione del marchio Emilio Pucci. Laudomia Pucci, unica erede del Marchesato, dirige la casa di moda dopo la scomparsa nel 1992 del padre. Il Marchio nel 2000 è stato acquistato dalla francese Louis Vuitton, che ha rilanciato le linee di moda in tutto il mondo riproponendo la classica moda Pucci con bellissimi colori e fantasie e tessuti di alto pregio insieme alla linea dei profumi.
Ma Emilio Pucci era un fiorentino sul serio. Amava le tradizioni popolari della città e aveva ben presente che nelle rappresentazioni degli anni del rinascimento fiorentino, i nobili avevano un ruolo predominante. Ha da sempre partecipato al Corteo Storico del Calcio in Costume ricoprendo il ruolo di Maggior General Sergente delle Milizie, percorrendo a cavallo le strade della città e collaborando anche alla cultura ed alla gestione delle manifestazioni. Ha partecipato attivamente anche alla vita politica della città ricoprendo la carica di consigliere comunale nel periodo del Sindaco Massimo Bogianckino.
Emilio Pucci creatore d'alta moda e da sempre ambasciatore di fiorentinità nel mondo, alla fine degli anni ’80 conosce anche la crisi economica della sua azienda. Dovrà ridurre i suoi dipendenti e dice: "Dobbiamo adeguarci alle necessità del momento se vogliamo lavorare validamente". Fu un momento difficile e la notizia del ridimensionamento dell’organico fece muovere la politica cittadina e toscana dalla quale usci ancora una conferma, quella che Emilio Pucci e la sua Casa di Moda erano uno dei simboli di Firenze e della Toscana nel mondo.
Emilio Pucci, era quindi considerato l’aristocratico della moda, morì all’età di 78 anni il 29 novembre del 1992 per un attacco di cuore.

Filippo Giovannelli
http://fiorentininelmondo.it
http://firenzecuriosita.blogspot.com

Leonardo Da Vinci aveva origini arabe

"Leonardo da Vinci, il più grande italiano di tutti i tempi era arabo".  Lo rivela uno studio condotto da Alfred Breitman e Roberto Malini del Gruppo Watching The Sky, associazione impegnata nelle ricerca di opere d'arte perdute e delle tracce biografiche sconosciute dei grandi artisti del passato.  Lo affermano con grande convinzione Breitman e Malini, in base ad alcune evidenze. La più importante è costituita dal ritrovamento di un'impronta digitale di Leonardo sul dipinto "La dama con l'ermellino". Secondo l'antropologo Luigi Capasso la tipologia dell'impronta è caratteristica del 60% degli individui provenienti dai paesi arabi. L'ipotesi di un origine araba del maestro non è tuttavia nuova. E' risaputo che il nome della madre di Leonardo, Caterina, era attribuito con frequenza alle schiave arabe acquistate in Toscana e provenienti da Istanbul. Anche il professor Alessandro Vezzosi, celebre studioso del Rinascimento, è convinto dell'origine araba dell'autore della Gioconda e possiede documenti che suggeriscono l'origine orientale di Leonardo Da Vinci.
Anche il giovane Salai, pupillo di Leonardo, sembrerebbe un ragazzo arabo, con i capelli ricci, la pelle bruna e gli occhi scuri vivacissimi. Breitman e Malini, a questo punto, estraggono da un cassetto un bel disegno a sanguigna su un foglio di carta antica. E' un ritratto virile del primo Cinquecento è di scuola leonardesca e rappresenta un viso che possiede molte similitudini con i ritratti noti del volto di Leonardo da Vinci. La sua particolarità è che indossa un copricapo di foggia araba, una specie di turbante. Si può ipotizzare che si tratti di un ritratto del maestro eseguito da un suo allievo che conosceva le vere origini del più grande italiano di tutti i tempi.
La notizia, preziosa per la Storia dell'Arte, è anche un monito per coloro che difendono a spada tratta le frontiere geografiche e culturali del nostro Paese, senza capire che il progresso sociale, morale e intellettuale di un popolo può avvenire solo grazie al contributo di altre esperienze e tradizioni.

Filippo Giovannelli
http://fiorentininelmondo.it
http://firenzecuriosita.blogspot.com

Gli antenati delle Chiarine del Gonfalone

 

Si chiamavano "Trombettieri della Signoria" e intorno all'anno 1391 si dispose che i "trombetti" del Comune di Firenze abitassero tutti in una stessa zona chiamata a quel tempo San Michele in Palco detto anche in "Palchetto" a causa di un piccolo ballatoio posto sulla facciata della chiesa di San Michele appunto. La comunità tutta, dal quel periodo, venne rinominata San Michele delle Trombe. Oltre a loro facevano parte della compagnia anche dei suonatori di nacchere e di altri strumenti che il Comune aveva a salario. In modo diverso, ma associabile a ciò che ora avviene all'interno delle Feste e Tradizioni Fiorentine del Comune di Firenze, e alla Famiglia di Palazzo del Gonfalone di Firenze.


Filippo Giovannelli
http://fiorentininelmondo.it
http://firenzecuriosita.blogspot.com

 

De Chirico, Max Ernst, Magritte, Balthus. Uno sguardo nell'invisibile a Firenze

Dal 26 febbraio 2010 a Palazzo Strozzi a Firenze una rassegna ripercorre in 100 capolavori la straordinaria parabola di De Chirico e dell’arte metafisica e surreale De Chirico, Max Ernst, Magritte, Balthus. Uno sguardo nell’invisibile Firenze, Palazzo Strozzi 26 febbraio-18 luglio 2010. Dal 26 febbraio al 18 luglio 2010 una grande mostra a Palazzo Strozzi racconta la straordinaria avventura artistica di Giorgio de Chirico e la duplice influenza che la sua pittura ebbe nell’arte moderna e su pittori come Carrà e Morandi, o Max Ernst, Magritte e Balthus. Attraverso 100 opere, provenienti da esclusive raccolte private e da alcuni dei più importanti musei del mondo, la rassegna mette in evidenza “la rivoluzione copernicana” operata da De Chirico nell’arte del XX secolo, che aprì la strada a tutti quei movimenti che costituiscono la parte più interessante e vitale dell’esperienza artistica europea tra le due guerre, dal Dada al Surrealismo, dal Realismo Magico al Neo-Romanticismo dando un taglio netto alle prospettive di ricerca ormai esaurite del Cubismo e delle avanguardie formali. Una rassegna che vuole anche invitare a riflettere sui temi degli spazi e dei sogni, associando alla visione delle opere d’arte le suggestioni provocate dai quadri sulla psicologia dello spettatore.
Responsabili del progetto scientifico sono Paolo Baldacci e Gerd Roos, curatori tra l’altro della mostra monografica dedicata a De Chirico nel 2007 a Padova, e inoltre Guido Magnaguagno, fra i curatori della mostra Arnold Böcklin, Giorgio de Chirico, Max Ernst tenutasi nel 1998 a Zurigo, Monaco e Berlino.
La mostra riunisce alcune tra le più celebri opere del periodo metafisico di De Chirico, dipinti di Carrà e Morandi, capolavori di René Magritte, Max Ernst e Balthus. In dialogo con questi quadri verranno presentate opere estremamente significative di artisti come Niklaus Stoecklin, Arturo Nathan, Pierre Roy e Alberto Savinio, che sulla strada aperta da De Chirico si mossero in un ambito espressivo in bilico tra Metafisica, Realismo Magico, Surrealismo e Neo-Romanticismo.
 
La mostra
Il sottotitolo della rassegna: Uno sguardo nell’invisibile, prende spunto da un’affermazione di Giorgio de Chirico, che sin dall’inizio del suo percorso scrisse che lo scopo della pittura non doveva essere di riprodurre più o meno bene ciò che già vediamo in natura, ma soprattutto «far vedere ciò che non si può vedere». Non solo, quindi, trasferire e ricreare emozioni, ma indurre nello spettatore, attraverso un sofisticato sistema di selezione e di riproduzione delle immagini, le stesse intuizioni sperimentate dall’artista sul significato profondo del mondo e delle cose. A questo proposito la sede di Palazzo Strozzi è particolarmente significativa perché la prima completa “rivelazione” del misterioso rapporto che intercorre fra le cose che appaiono e il loro significato colse il ventunenne De Chirico proprio durante un viaggio a Firenze nell’ottobre del 1909 in piazza Santa Croce: è da questa esperienza che ha origine l’intuizione dechirichiana degli aspetti enigmatici e inesplicabili dell’esistenza e del mondo, tradotta in forma plastiche nei suoi celebri “enigmi” degli anni Dieci e negli inquietanti accostamenti iconografici degli anni Venti.
Una messa in scena di rappresentazioni mute che, attraverso le masse geometriche di architetture semplificate, evocative e simboliche, e le trascrizioni di oggetti scelti per il loro significato più che per la loro apparenza, ci comunica quella particolare concezione del mondo e della sua essenza ultima che l’artista aveva maturato attraverso la lettura di Nietzsche, di Schopenhauer e di Eraclito.
Un nulla che invita a esplorare l’instabilità dei linguaggi e la sconcertante pluralità semantica dei segni, e che apre orizzonti completamente nuovi al mondo della comunicazione visiva. In tal senso l’eredità della metafisica dechirichiano è di una enorme ampiezza e sconfina in tutti i movimenti che hanno rispecchiato l’instabilità e l’angoscia del mondo moderno. Temi come l’alienazione e la solitudine, il senso di abbandono, l’isolamento, l’abisso di guerra e violenza, l’inquietudine e la disperazione porteranno René Magritte a definire l’opera di De Chirico in una conferenza tenuta il 20 novembre del 1938 al Musée Royal des Beaux-Arts di Anversa, come «una nuova visione nella quale lo spettatore ritrova il suo isolamento e intende il silenzio del mondo».
Al centro dell’esposizione ritroviamo quindi le corrispondenze di temi, di soggetti, di sensibilità fra De Chirico e gli artisti che in vario modo hanno raccolto la sua lezione. Le opere selezionate condividono ambientazioni e scenari: strade e stanze pressoché vuote, scatole architettoniche, piazze disabitate, spazi esterni che si aprono attraverso finestre, o misteriose porte socchiuse, e associazioni incongrue di oggetti inseriti in contesti spaziali stranianti: camini, orologi, treni, strane pavimentazioni e orizzonti lontani, fughe prospettiche, piani ribaltati, rebus e relitti di antiche civiltà perdute. In questi luoghi, dove spesso i rapporti dimensionali sono rovesciati, gli uomini stanno come prigionieri, attori privati di parola e azione, perennemente in attesa e in silenzio, senza tempo.
Il percorso espositivo. L’itinerario della rassegna passa attraverso alcuni tra i maggiori capolavori di una fase dell’arte europea che James Thrall Soby, col titolo di un suo famoso saggio del 1935, indicò come “successiva a Picasso” (After Picasso), cioè non più indirizzata a esplorazioni nel campo della forma, della luce e del movimento, ma aperta appunto al “nuovo mondo” di matrice letteraria, filosofica, concettuale e fantastica scoperto da De Chirico. De Chirico fu sicuramente l’artista che formulò l’espressione pittorica più aderente alla condizione esistenziale degli uomini degli inizi del XX secolo. Poeti come Guillaume Apollinaire e André Breton si riconobbero immediatamente in quella visione del mondo e il linguaggio di De Chirico divenne punto di partenza di opere letterarie e filosofiche che hanno esplorato le strutture della comunicazione visiva basata sulla memoria e sull’inconscio. In mostra si potranno ammirare opere basilari di questo rivoluzionario percorso, come l’Autoritratto del 1911, l’Enigma dell’arrivo e del pomeriggio (1911-12), la Nostalgia dell'infinito (1912) o la Serenità del saggio del 1914, fino a dipinti estremamente rappresentativi delle sue nuove poetiche degli anni Venti, come il Paesaggio romano del 1922, che esplora in modo mirabile la metafisica dei luoghi reali, o i quadri della serie dei “mobili all'aperto” e delle “rovine nelle stanze” che ci propongono l'inquietante tematica dello spiazzamento.
Nel percorso espositivo della rassegna De Chirico dialoga con le opere di René Magritte, che in capolavori come La condizione umana, Il senso della notte, La chiave dei sogni, dimostra di “pensare” i suoi quadri come proiezioni di una dimensione interiore e di una certa condizione dell’anima: malinconia, spaesamento, illusione, ricordo o visione.
Per questa via, nell’Italia postbellica, Carlo Carrà, con dipinti quali Il gentiluomo ubriaco (1916), L’ovale delle apparizioni (1917) o Il figlio del costruttore (1917-22) e Giorgio Morandi con le sue nature morte metafisiche, indicarono nuovi orizzonti poetici capaci di andare oltre la visibilità muta dell’oggetto.
Anche il dadaista tedesco Max Ernst fu tra i primi ad attingere alla lezione di De Chirico, con capolavori di grande impatto visivo e psicologico come Oedipus Rex (1922). Ernst, che è forse, da un punto di vista concettuale, il massimo artista surrealista, esplorò i labili confini che separano volontà e coscienza creativa dell’artista dalle opportunità offerte dal caso e dagli automatismi inconsci (Visione notturna della Porta Saint Denis, 1927). Le inedite corrispondenze fra il De Chirico metafisico e il giovane Ernst verranno rivelate dall’opera grafica dei due artisti di cui saranno esposte in mostra alcune opere significative: i primi collage di Ernst e una serie di importanti disegni di De Chirico. Altro grande interlocutore di De Chirico è il francese di origine polacca Balthus. Nel suo percorso, il tema del silenzio e dell’enigma acquistano, in modo straordinariamente intenso, la dimensione nuova dell’erotismo. In mostra, il monumentale Passage du Commerce-Saint-André e la Place de l'Odéon, opere nelle quali, attraverso lo sprigionarsi della sessualità, Balthus spezza la condizione di solitudine esistenziale portando una nuova intensità vitale nel “mondo del silenzio”.
Infine, oltre a capolavori di Arturo Nathan, di Pierre Roy e di Alberto Savinio, i visitatori potranno vedere per la prima volta in una rassegna italiana un gruppo significativo di nove opere di Niklaus Stoecklin, tra i maggiori e più originali rappresentati del Realismo Magico di area tedesca.
Il percorso per famiglie bambini. Tutte le mostre di Palazzo Strozzi mirano ad abbattere le barriere tra arte e scienza: per De Chirico, Max Ernst, Magritte, Balthus, l’itinerario per famiglie e bambini inviterà a esplorare la psicologia attraverso speciali didascalie e una sala interattiva che accompagneranno il visitatore in un viaggio nel mondo dei sogni, degli spazi e delle paure.
La mostra è posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, con il Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Ministero degli Affari Esteri, ed è promossa e realizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi con il sostegno del Comune di Firenze, della Provincia di Firenze, della Camera di Commercio di Firenze e dell’ Associazione Partners Palazzo Strozzi e con la collaborazione di Soprintendenza PSAE e per il Polo Museale della città di Firenze e l’Archivio dell’Arte Metafisica di Milano.

Filippo Giovannelli
http://firenzecuriosita.blogspot.com

Alleanza tra Bandierai degli Uffizi e Fiorentini nel Mondo

L’Associazione “Fiorentini nel Mondo” è lieta di annunciare che sta iniziando un percorso di collaborazione con il gruppo "Bandierai degli Uffizi”, gli sbandieratori ufficiali di Firenze. Tale gruppo ha un preciso riferimento analitico della storia della città, rappresentando le principali Magistrature e gli Uffici esistenti nella Repubblica Fiorentina del Cinquecento, il secolo del Rinascimento. Attualmente aderisce al Calcio Storico Fiorentino, il gioco tradizionale della città che ha dato i natali al calcio moderno. I Bandierai degli Uffizi sono gli unici a rappresentare Firenze per il preciso significato storico dei costumi e delle insegne e, nel ricco curriculum della loro antica militanza, vantano presenze presso molte importantissime manifestazioni sia sportive che storico-rievocative. Esistono molti aspetti delle attività dei Fiorentini nel Mondo che accomunano le nostre associazioni integrandole.


 

Per i pochi che non conoscessero i Bandierai degli Uffizi, ecco gli indirizzi web dove trovare maggiori informazioni su questa bella ed importante istituzione fiorentina:

Nel Web:
http://www.bandieraidegliuffizi.it

In Facebook:
1)http://www.facebook.com/#!/pages/Bandierai-degli-Uffizi-Sbandieratori-Ufficiali-di-Firenze-e-Calcio-Storico/39781868434?ref=ts
2)http://www.facebook.com/#!/profile.php?id=100000597647010&ref=search&sid=1551484968.3836094970..1

Ricordo di Anna Maria Luisa de' Medici

Una rappresentanza dei Fiorentini nel Mondo sarà presente col gonfalone sociale alla commemorazione di Anna Maria Luisa de' Medici Elettrice Palatina in occasione del 267° anniversario della scomparsa il 18 febbraio 2010 alle ore 17 nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio. Il Collegio dei Reggenti invita tutti i soci a partecipare alla cerimonia.

 

 

 

Page 64 of 65

corri la vita logo

tnm

 

img-esteri

 

logo comune firenze